Cartoni animati e Queerness

Cultura Gruppo donna

di Redazione CIG Arcigay Milano

manga, ranma, queerness

La scoperta di me attraverso un mondo di fantasia

A cura del Gruppo Donna – CIG Arcigay Milano

di Jess

Sono nata all’inizio degli anni ‘80 e ho avuto la fortuna di vivere la mia adolescenza negli anni ‘90. Fortuna di che, poi? Non lo so, è stato un periodo di vera transizione culturale e sociale: pre e post euro, pre e post telefoni cellulari, pre e post musica digitale, pre e post diffusione di internet. Difficile immaginare per le nuove generazioni cosa significasse vivere in quel “pre”, in cui tutto quello che conoscevamo era ciò che avevamo intorno e a portata di mano. In effetti il mondo sembrava molto grande, i collegamenti con il “fuori” erano alla portata di pochi, le realtà diverse e le diverse realtà sembravano così distanti, irraggiungibili.

Tutto scorreva perfettamente ai giusti ritmi, ricordano i nostalgici inquadrati nei canonici schemi sociali. Ma cosa ne era di tutte quelle persone che in un modo o nell’altro non si muovevano all’unisono con la massa? Cosa ne era di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si differenziavano dall’usuale? Non era raro sentirsi solə, diversə e fuori luogo; si era sempre alla ricerca di qualcosa o qualcuno in cui rispecchiarsi, con cui trovare un punto in comune o, per dirla tutta, ritrovare e riconoscere se stessə.

Ognuno aveva il suo modo per farlo. Io ho ritrovato me stessa nell’immenso mondo della fantasia. 

manga giapponese, fantasy, cartoni animati
Credits – @jamoimages

Ho sempre amato i cartoni animati, fumetti, film e libri fantasy e ogni sorta di realtà in cui tutto potesse accadere, in cui tutto fosse plausibile. E così – quando mi ci immergevo – mi trasformavo in Bastian che volava sulla città a dorso di un Fortunadrago per prendersi la rivincita su chi si prendeva gioco di lui, diventavo Holly che correva per ore con il suo pallone sopra a un campo infinito, o Cristal il Cigno che manipolava il ghiaccio e la neve attraverso l’uso del proprio Cosmo.

Mi trasformavo in ogni sorta di eroe e personaggio, ma ho davvero riconosciuto me stessa il giorno in cui ho visto per la prima volta Ranma ½. La storia è quella di un ragazzo che, durante un allenamento di arti marziali, cade accidentalmente nelle acque di una sorgente maledetta in cui molto tempo prima annegò una ragazza. Da quel momento, Ranma acquisisce la capacità di trasformarsi in una ragazza ogni volta che si bagna con acqua fredda, per tornare a essere un ragazzo bagnandosi con acqua calda. Esaltazione infinita: avrei dato tutto per poterlo fare anche io! Ma in realtà, io ero Ranma. Nel fumetto e nell’anime Ranma è un maschio cis e si definisce tale: soltanto che impara a sfruttare la sua parte femminile a suo piacimento e, più va avanti, meno ha necessità di tornare uomo con acqua calda. Lui mi ha insegnato che questa fluidità di genere può diventare un punto di forza e che, in nessun modo, può essere considerata una vergogna; che molti, in qualche modo, possediamo e in alcuni casi nascondiamo un lato “proibito” (come altri personaggi della serie, che si trasformano in panda, gatto, porcellino, oca, minotauro) il quale, se accettato e orgogliosamente mostrato, ci rende unici, completi e perfetti come siamo.

Ranma non è stato che il primo dei personaggi in cui mi sono immedesimata; nel tempo e per alcune fasi della mia vita mi sono ritrovata in Ariel, che desiderava per sé un corpo diverso, in Mulan che non si adattava a vivere secondo le convenzioni sociali, in Belle che si innamorava di qualcuno che nessuno accettava, in Heles (Sailor Moon) che amava Milena, in qualsiasi X-Men che doveva combattere e difendere la propria diversità. 

Vivere sulla propria pelle una disuguaglianza non è semplice, e – in un mondo in cui ci sentiamo spesso soli – è di fondamentale importanza poter trovare un modello in cui identificarci. In passato non c’era (o quasi) una rappresentazione delle minoranze di alcun tipo. Credevo di essere l’unica lesbica o persona queer nel raggio di miglia e miglia ed era molto difficile confrontarsi con la realtà al di fuori delle proprie quattro mura domestiche, che molto spesso non erano poi tanto sicure. 

Posso sicuramente affermare senza vergogna che i cartoni animati mi hanno salvato la vita, mi hanno insegnato la differenza tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Nonostante siano passati molti anni, i loro insegnamenti restano e continuano ad essere alla base della mia autodeterminazione e della necessità di reclamare il mio posto nel mondo.

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