La scrittura come analisi profonda di sé

Cultura Gruppo donna

di Redazione CIG Arcigay Milano

di Aurora, a cura del Gruppo Donna – CIG Arcigay Milano

Hai otto anni. Sei piuttosto sola, non fosse per Nico. Condividete la stessa passione per le action figures costose di cui però non avete mai visto gli anime alla tv. Il pomeriggio dopo la scuola il tuo unico scopo è arrivare in tempo per non perderti la Melevisione. Hai otto anni, sei piuttosto sola. Questo incipit basterà per instillare in te l’idea che la scrittura potrà rivoluzionare la tua vita. 

Hai otto anni, sei piuttosto sola e tua madre è da quando ne hai due che prima di dormire ti legge una fiaba, diversa ogni sera. Te la legge mentre tu, assonnata, segui con gli occhi le lettere che scandisce e pronuncia. Non lo sai ma in segreto le stai immagazzinando tutte, prima il grafema, poi il suono, poi il grafema insieme al suono. Lo fai inconsciamente, riesci solo a pensare “che belle le fiabe, vorrei viverci dentro. Vorrei essere quello scoiattolo, vorrei costruirmi una casa d’argilla o il lupo la soffierà via”. Non lo sai ma pian piano stai imparando a leggere senza che nessuno te lo insegni davvero. Il tuo cervello è nel pieno del suo splendore e non lo sai, non lo sai e non ci pensi. E impari a leggere.

Hai sei anni, prima elementare, la maestra dice “Alzi la mano chi sa leggere”. Alzate la mano in tre, due bambini e tu.

“Chi ve lo ha insegnato?” chiede la maestra e loro “Le nostre sorelle più grandi”.

“E a te, chi lo ha insegnato?”. Chi mi ha insegnato a leggere? Non so rispondere, io ho solo seguito il testo. Saprei ripetere Il libro della giungla a memoria, Cenerentola, La piccola fiammiferaia. Me l’hanno insegnato i Quadrottini a leggere. Non so chi mi abbia insegnato a leggere, ma so farlo, e lo faccio.

Hai otto anni e pensi che forse saper scrivere bene è soltanto il passo successivo a leggere bene. Quindi ti sforzi, tra un’espressione di matematica e il viso incantatore di Tonio Cartonio, pensi e ripensi. Ci sarà qualcosa che posso dire? Come si fa?

Hai otto anni e quando ti chiedono “Cosa vuoi fare da grande?” non pensi a cosa significhi e rispondi “Biologa marina! Psicologa! Architetto! Fumettista! Giornalista!”. Hai otto anni e ti sembra che tutto questo non solo sia possibile, ma anche realizzabile. A otto anni, nel 2006, non sai cos’è un registro elettronico, non sai cosa significa il voto in cifra, non sai che alla fine degli studi mancano quindici anni, non sai che per allora sarai disillusa, avrai sofferto, avrai paura. Hai otto anni e pensi, nell’immediato presente, che forse puoi scrivere un romanzo. Che lo leggeranno un sacco di persone, che diventerai importante. Che guadagnerai così tanto che comprerai una casa al mare ai tuoi genitori, ché lì non litigano. Che le storie che inventi con Nico prenderanno vita e le risate che vi fate saranno condivise col resto del mondo. Pensi che se scriverai un libro sarai vista, non data per scontata. La gente ti applaudirà, sarai stata brava abbastanza. Vorranno ascoltarti ancora e ancora. Pensi che scrivere un libro sia la massima aspirazione che chiunque vorrebbe o dovrebbe avere. 

lettere, immagine del cervello

Hai ventisei anni, quasi ventisette. Hai un diploma, una laurea, un master. Ma non hai scritto un libro. In questi diciannove anni, come preventivato, hai sofferto, hai avuto paura. Ne hai ancora. Lavori ai libri degli altri, sei un’editor, una letterista. Parli ogni giorno con persone che realizzano “il sogno di una vita”. Magari non ci si comprano una villa, ma le loro madri li pubblicano sui social. Sono orgogliose, è un tripudio di gioia. È uno scintillio, un trofeo. Quei libri sono un punto di arrivo, una certezza. Forse è questo che ti ha disillusa.

Lavori ai libri degli altri perché è più facile: c’è meno rischio, meno ardore. Menti a te stessa raccontandoti che non hai tempo per scrivere mentre scorrono davanti ai tuoi occhi video e contenuti, generano un brusio che non ti lascia pensare. Ti dis-trai, ti porti letteralmente via da ciò che ami. Ti analizzi e non capisci il perché lo fai. La psicologa ti direbbe di razionalizzare. Che cosa vuol dire per te scrivere? Cosa ti impedisce di farlo?

Amo troppo la scrittura per riuscire a scrivere. La risposta più sensata è questa. Ho scritto articoli per blog, per siti web, scrivo sinossi, alette di copertina, schede promozionali. Scrivo e riscrivo parti intere per dare ordine ed equilibrio ai pensieri altrui. Scrivo bigliettini e lettere, scrivo appunti, scrivo e-mail formali e informali. Ma non ho ancora scritto qualcosa di davvero mio. Mi frena la minaccia della banalità, la mia, e il timore che la mia urgenza non sia poi diversa da quella di chiunque là fuori. Mi frena l’imbarazzo. Mi frena la poca stima che ho di me. Mi frenano la speranza e l’entusiasmo che qualcosa, attraverso la scrittura, possa cambiare davvero. Mi frena il pensiero che scrivere aiuti, ma aiuti gli altri, non me. Mi frena l’idea che se scrivo per me sarà inutile, ma se pubblico allora ogni cosa si ridurrà a numeri e profitti. Mi frenano la pagina bianca, il non saper più cosa dire. Mi frenano i ricordi che dovrò scomodare per riempire ogni riga. Mi frena la possibilità di non essere autentica ma anche il non saper inventare. 

Non so se la scrittura possa davvero cambiare la vita. So per certo che a me, oggi, ha fatto trovare il tempo di riflettere e rispondere a quesiti scomodi. Mi ha fatto stare nel silenzio e nella concentrazione. Credevo che non avrei avuto niente da dire, eppure fin qui sono più di cinquemila battute. E adesso mi sento più leggera. 

Hai ventisei anni, quasi ventisette. Magari non esisterà mai un bestseller col tuo nome. Ma sai che dovresti proprio iniziare a scrivere. 

Condividi tramite: Facebook Twitter Email
Link Copiato!

News Correlate

La scrittura come amica

Il motivo per scrivere è cambiato, ma la radice è sempre stata: essere vista, mostrare chi fossi, meritare l’amore. A…

Aprile 2025 al CIG: tutti gli eventi

Questo mese il nostro aperitivo sociale da Hug, laboratori, proiezioni di film, mostre, gite fuori Milano, test gratuiti e molto…

La scrittura come rifugio

La scrittura era il mio rifugio, eppure quelle parole facevano così paura che continuavo ad evitarle. A cura del Gruppo…

→  Tutte le news e progetti