Intervista a me stesso. Che cos’è un uomo?
di Redazione CIG Arcigay Milano

di Andrea, a cura del Gruppo Donna – CIG Arcigay Milano
Cosa fa di te un “vero” uomo e che valore ha la mascolinità per te?
Queste sono domande che non mi sono mai dovuto porre nel corso della mia vita, soprattutto quando ero più giovane. Non ti poni il dubbio su cosa voglia dire per te essere “un uomo”, lo devi essere e basta. La nostra società ha un’idea molto specifica di cosa sia la mascolinità e delle sue regole. Non ti interroghi neanche su chi le abbia scritte o se per sbaglio ti siano state imposte. È grazie ai modelli stereotipati che la società propina agli uomini – o meglio, quelli che vede come tali – che il giusto modo di essere e di essere uomo si è consolidato.
Devi avere grande forza mentale, essere privo di dubbi, carismatico e affascinante, oltre che avere grande forza fisica per poter essere il dominatore che sei nato per essere – o così dicono. Lo spettro delle emozioni viene ridotto per cercare di non essere un debole.
La debolezza, in ogni sua forma, appartiene ad altro, o meglio, “ad altre”. Per noi uomini è necessario non essere paragonabili in nessun modo a una donna, nell’aspetto o negli atteggiamenti, altrimenti non sei altro che un frocio.
Frocio, una parola vuota, usata come qualsiasi altro insulto, tanto che dentro non c’è più nulla del significato originale. Oggi vuol solo dire mezzo uomo, senza le caratteristiche fisiche o mentali necessarie per essere un uomo.
Invece cos’è la femminilità?
La femminilità è tutto ciò che non ti rende uomo: l’insieme di gusti, dei comportamenti e dei modi di essere che fanno di te un qualcosa di più simile alle donne. È la misura degli uomini per sentirsi più o meno tali, serve a definirci in opposizione a tutto quell’insieme di stereotipi attribuibili a ciò che, non a caso, viene chiamato il “sesso debole”. Anche per la femminilità è tutto ridotto a essere indifese, ricettive, belle, innamorate, a servizio, pronte a esaudire ogni nostro desiderio. Siamo abituati a credere che esistano per accudire noi e i futuri figli che avremo, così come mia madre prima di loro, mia nonna e via discorrendo.
Ma quindi chi è che definisce cosa è maschile e cosa è femminile?
È l’opinione del gruppo (di uomini, ovviamente) che la fa da padrone. Il contesto in cui sei inserito ha un’idea netta su che cosa è “da maschietti” o “da femminucce” e non è in alcun modo opinabile. Il problema è che a me è sempre sembrato che le “cose da uomo” fossero numericamente inferiori rispetto alle cose che ti rendevano meno tale. Per non parlare del fatto che la maggior parte delle discussioni sul tema finivano sempre con un: “ma sì, è roba da femmine / donne / froci”.
Si può capire quanto il confine di cosa sia un uomo fosse veramente labile, ma sicuramente non sindacabile, anche perché la mascolinità è un qualcosa di cui non si discute, non è un canone esplicito descritto in un manuale della vita a cui bisogna attenersi. La mascolinità si dimostra, in quanto uomo hai il dovere di metterla in atto, non è una cosa su cui farci discussioni per darne una definizione o una dimensione, sia mai che anche solo il parlarne faccia percepire al resto del mondo che hai dei dubbi sulla tua virilità. Sai benissimo, già dalla tenera età, cosa ti deve piacere, su quali parametri verrai giudicato meritevole di rispetto e quella misura è l’indice del tuo valore all’interno del contesto in cui sei inserito, del tuo potere.

Ma scusa, in tutto questo tu come ti ponevi, sentivi di avere un ruolo?
Assolutamente no, sul momento non ti rendi conto che si è per forza spettatori e vittime. Senza dei modelli differenti visibili, questo sentimento è un qualcosa che ti pervade interamente e non ti permette di comprendere che “c’è molto altro in gioco”. Esorcizzare la necessità di essere veri uomini per dimostrare di valere qualcosa è un processo particolarmente faticoso. Il condizionamento a cui siamo sottoposti interessa ogni minimo aspetto della nostra vita. Riguarda te e i tuoi rapporti di potere con chi ti circonda, ma arriva un momento in cui realizzi che devi fare i conti con te stesso e lì ti accorgi di essere stato anche carnefice.
In che senso?
Quando si è certi che il mondo giri in una determinata maniera, non ti poni il dubbio che ci siano altre possibilità e, di conseguenza, non ti accorgi che stai mantenendo lo status quo e che questa cosa, in quanto uomo, va solo a tuo vantaggio.
Solitamente la crisi delle certezze avviene in un momento di rottura con quella che tu consideri la tua normalità. Il mio personalissimo coming out con me stesso è stato sicuramente ritardato da tutta questa serie di condizionamenti, ma è stato il momento in cui mi sono guardato indietro e ho pensato a quanto effettivamente essere un uomo mi avesse agevolato rispetto ad altre persone? Quante volte ho consciamente pensato che le mie opinioni valessero di più? Quante volte ho pensato di valere di più solo perché ero maschio?
E perché proprio in quel momento?
Perché la fatica che ho fatto nell’accettare la mia omosessualità in tutte le sue sfaccettature era largamente causata dalla paura inconscia di perdere quel ruolo di potere che neanche avevo capito di avere, di perdere definitivamente la dignità rispetto ai miei pari. Ho capito che il problema era “anche” mio, che anch’io ero vittima di quei condizionamenti e che, quanto stessi sperimentando, io l’avevo fatto subire ad altre persone perché, in fondo, mi conveniva.
Quando ho capito di essere omosessuale, i miei primi coming out li ho fatti come persona bisessuale. Nella mia testa, essere bisessuale mi rendeva “più normale”, perché in un qualche modo condividevo lo stesso desiderio degli uomini di apprezzare sessualmente le donne. In più lasciava uno spiraglio di possibilità al fatto che potessi avere una “vita normale”, magari una famiglia. Tutto sommato un uomo deve poter desiderare una famiglia, fare dei figli, portare il pane in casa, non è così?
Col passare del tempo, mi sono reso conto che il condizionamento non mi ha permesso di sperimentare correttamente la mia sessualità. Il concetto dei ruoli è talmente interiorizzato che io, in quanto gay, ma pur sempre uomo, mica “una checca”, avrei potuto essere solo attivo, anche perché, parafrasando un modo di dire particolarmente triviale, si è veramente omosessuali se si è ricettivi, soprattutto nel sesso. Se si è attivi, c’è ancora una possibilità di salvaguardare il proprio onore di uomo.